Inseguire bastoni

Ieri sera mi è stato fatto notare (non a torto, comunque) di essere iper-critico nei confronti di uno dei tanti divertimenti “di massa”, o forse di essere iper-critico nei confronti di TUTTI i divertimenti di massa (d’altro canto se non lo fossi non viaggerei da solo, no?).
La mia risposta è perfettamente sintetizzata in queste 3 strisce consequenziali…io di meglio non avrei mai saputo dire.

Ultimo albero

Questa striscia mi sembra in perfetta sintonia, metaforicamente parlando, con un paio di ricordi che mi porto dietro dal Giappone…in primis, o meglio nella prima parte, con la mia trasformazione nei nostri cugini primati, quando al riparo dagli ammonimenti dei turisti giapponesi ho cominciato a scalare i cedri centenari dell’isola di Yakushima, irresistibilmente attratto dalla loro bellezza che non poteva essere “catturata” da una semplice occhiata a distanza o da una banale fotografia. L’ultima parte della striscia, poi, riflette egregiamente la mia sensazione di smarrimento quando guardando gli ultimi ciliegi in fiore, comunque ancora lontani dalla loro massima fioritura, mi sono chiesto nell’angoscia più profonda: “E adesso?”.
Spero di non riflettere mai troppo sulla risposta.

Riflettendo all’ombra dei ciliegi in fiore mi chiedevo “quanto sarebbe bello poter vivere sempre come queste settimane”, e la mia parte cinica rispondeva “grazie al cazzo, dura una settimana, sarebbe come pretendere di essere sempre belli, giovani e con una ragazza bella e giovane”. A tale subdola insinuazione, condita da velenoso sarcasmo, però era altrettanto pronta la risposta della parte sognatrice che comunque ha un fondo di verità (e di possibilità, seppur remota): in Giappone i ciliegi durano sì una settimana o poco più, ma in SOLO posto. A Okinawa i ciliegi fioriscono il primo dell’anno, e in Hokkaido fioriscono a Maggio inoltrato. Fanno la bellezza di 5 mesi, quindi per vivere quasi metà della propria vita immersi nei petali bianchi a fare picnic e a comporre haiku ispirati dall’alcool e dai fiori di ciliegio basterebbe SPOSTARSI, da Sud verso Nord, seguendo il caldo, il clima più temperato che (ci) risveglia dal torpore invernale. Un’involontaria metafora del viaggio, dell’errare, un po’ anche del migrare per ritornare ogni volta al punto di partenza, senza però rimanerci troppo.