Mafalda, o del rifiuto (1969)

Nel 1969 Umberto Eco, che allora dirigeva per i tipi di Bompiani la collana Amletica leggera, fa acquistare all’editore i diritti di Mafalda e ne pubblica il primo libro “Mafalda la contestataria” per il quale scrive una presentazione dal titolo “Mafalda o del rifiuto”.
Il testo contiene un breve paragone coi Peanuts, o meglio con Charlie Brown, e per questo lo cito più che volentieri (oltretutto sto approfondendo Mafalda solo ora, l’avessi saputo prima che andiamo d’accordo su moltissime cose…)

“Mafalda non è soltanto un nuovo personaggio del fumetto: è forse il personaggio degli anni settanta. Se si è usato per definirlo, l’aggettivo di “Contestataria”, non è per uniformarsi alla moda dell’anticonformismo a tutti i costi: Mafalda è veramente una eroina “arrabbiata” che rifiuta il mondo così com’è. Per capire Mafalda è necessario stabilire un parallelo con l’altro grande personaggio alla cui influenza essa evidentemeente non si sottrae: Charlie Brown. Charlie Brown è nordamericano, Mafalda è sudamericana (il suo autore, Quino è argentino, e il personaggio appare da tempo sulla stampa argentina). Charlie Brown appartiene a un paese prospero, a una società opulenta in cui cerca disperatamente di integrarsi mendicando solidarietà e felicità; Mafalda appartiene a un paese denso di contrasti sociali, che tuttavia non chiederebbe di meglio, che integrarla e renderla felice, salvo che Mafalda si rifiuta, respingendo ogni avance. Charlie Brown vive in un suo universo infantile dal quale, rigorosamente, gli adulti sono esclusi (salvo che i bambini aspirano a comportarsi come adulti); Mafalda vive in una continua dialettica col mondo adulto, che non stima, non rispetta, avversa, umilia e respinge, rivendicando il suo diritto a rimanese una bambina che non vuole gestire un universo adulterato dai genitori. Charlie Brown ha letto evidentemente i revisionisti freudiani e va alla ricerca di un’armonia perduta; Mafalda ha letto probabilmente il “Che”. In verità Mafalda ha le idee confuse in fatto di politica, non riesce a capire che cosa succeda nel Vietnam, non sa perché esistano i poveri, diffida dello stato, ma è preoccupata per la presenza dei cinesi. Una sola cosa sa con chiarezza: non è contenta.
Intorno a lei, una piccola corte di personaggi molto più “unidimensionali”: Manolito, chierichetto integrato di un capitalismo di quartiere, che sa con certezza che il valore primario, al mondo, è il denaro; Felipe, sognatore tranquillo; Susanita, beatamente ammalata di mammismo, torpida dei suoi sogni piccolo-borghesi. E poi i genitori di Mafalda, che già farebbero fatica ad accettare la routine quotidiana (ricorrendo al palliativo farmaceutico del Nervocalm), sopraffatti per soprammercato dal tremendo destino che li ha voluti custodi della Contestataria…..
L’universo di Mafalda non è solo quello di un’America Latina nelle sue zone metropolitane ed evolute; ma è in generale un universo latino, per molti aspetti, e questo fa sì che Mafalda ci appaia più comprensibile di tanti personaggi del fumetto statunitense; infine, Mafalda è in ogni caso un “eroe del nostro tempo”, e non sembri questa una qualifica esagerata per il piccolo personaggio di carta e fumo che Quino ci propone. Nessuno ormai nega che il fumetto sia (quando raggiunge alti livelli di qualità) una spia del costume: e in Mafalda si riflettono le tendenze di una gioventù irrequieta, che qui assumono l’aspetto paradossale di un dissenso infantile, di un eczema psicologico da reazione ai mass media, di un’orticaria morale da logica dei blocchi, di un’asma intellettuale da fungo atomico. Siccome i nostri figli si avviano a diventare – per nostra scelta – tante Mafalde, non sarà allora imprudente trattare Mafalda col rispetto che merita un personaggio reale.”

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